domenica 1 febbraio 2009

Eros & Psiche amore di coppe

Un re aveva tre figlie. Le due più grandi erano belle, ma la più giovane, Psiche, era cosi affascinante, che cortei di pellegrini la ammiravano. La sua bellezza portava tante lodi, ma ne felicità, ne marito, mentre le sorelle più grandi si erano sposate.
Venere scocciata da tante ammirazioni a fanciulla mortale, ordinò a suo figlio Eros, di pungerla con una delle sue frecce, facendola innamorare del più sfigato degli uomini. Cosi che attorno a Psiche si creassero chiacchiere maligne, piuttosto che tutte quelle lodi.
Eros pero, rimase cosi incantato dalla sua bellezza. Una delle frecce gli cadde sul piede e scattò il colpo di fulmine.
Intanto il padre della ragazza immaritata, preoccupato, si chiese se non avesse offeso i dei. Consultò l’oracolo di Apollo che le ordinò portarla vestita da sposa in cima ad una montagna, dove c’era un feroce drago. La giovane terrorizzata, fu preparata dai parenti al funesto matrimonio.
Al callar del sole Psiche andò verso la montagna seguita dalla folla in corteo. Lì rimase sola e impaurita. Rassegnata dal suo destino si addormentò. L’alito mite di Zeffiro, come una brezza gentile la sollevò, portandola su un prato fiorito in una vallata. Al sorgere del sole Psiche si svegliò sui fiori, accanto a un torrente, sulle cui rive sorgeva un palazzo. Entrando nel palazzo, capì che era la dimora di un dio, tanta era la fastosità dei dettagli. Psiche presa dalla curiosità esplorò la casa e le sale ricolme di tesori. Lì tutti i suoi desideri furono soddisfati da ancelle invisibili, delle quali sentiva soltanto le voci. A ora tarda, si addormentò in una sontuosa camera. Nel cuore della notte, circondata dall’ignoto, un leggero rumore la fece tremare. Una voce amorevole e mani umane la carezzarono dolcemente. Un dolce abraccio la avvolse e lei si lasciò andare all’amante misterioso…
Si svegliò che era già giorno e il suo amante sparito. La stessa cosa successe per diverse notti. Si scambiavano carezze e tante parole, ma lui le proibiva di guardarlo in viso, o non lo avrebbe mai più rivisto.
Intanto, le sue sorelle si erano messe sulle sue tracce, ma il suo uomo misterioso le aveva vietato di rispondere ai loro richiami. Psiche sapendo che tutti le piangevano la morte, sentendosi sola nel suo castello-prigione, implorò all’amante di vedere le sorelle. Lui acconsentì, ma a condizione che, qualsiasi cose le dicessero, lei non provasse mai a scoprire la sua vera identità. Le sorelle furono trasportate da Zeffiro fino al castello.


Davanti a tanta ricchezza, provarono invidia e maliziose, domandarono sulla identità del suo uomo. Psiche cambiò discorso. Fece loro dei doni preziosi e ordinò a Zeffiro che le portasse via.
Eros la avvertì che le sorelle le porterebbero guai. Oltretutto, le annunciò che lei era incinta. Se il segreto si fosse mantenuto il loro figlio sarebbe divino, altrimenti sarebbe mortale. Psiche esultante dalla sua nuova dignità di madre, raccontò alle sorelle di aspettare un bambino di origini divina, però le perfide bagasce, accecate dalla gelosia, insinuarono che il suo amante era un’orribile mostro, che presto avrebbe divorato lei e il bambino. Convinta dalle sorelle, nascose in camera una lampada e un coltello per ammazzarlo, caso fosse un mostro.
Eros dormiva. Psiche le avvicinò la lampada al viso. La sua estrema bellezza la sorprese. Accanto a lui c’erano l’arco e le frecce. Nel prenderne una, si ferì un dito e fu infiammata d’amore per Eros. Le si avvicinò per baciarlo, ma una goccia d’olio bollente cadde dalla lampada sulla spalla di Eros, che si svegliò spaventato e volo fuori dalla finestra urlando “Sciocca Psiche! Cosi che mi ami? Ho contrariato mia madre per stare con te, e tu eri pronta a tagliarmi la testa? Vai dalle tue sorelle, cui consigli tu preferisci ai miei. Non ti impongo castigo, oltre che lasciarti per sempre. L’amore non può convivere col sospetto.”


Psiche si ritrovò da sola. Chiamò inutilmente il suo amore. Intanto il castello sparì attorno a lei. Disperata si buttò nel fiume vicino, ma le acque la portarono gentilmente ai margini, dove Pan le consigliò di provare a riconquistare Eros.
Le sue sorelle sapendo dell’accaduto finsero dispiacere, poi partirono dritte verso la cima della montagna, intenzionate a conquistare Eros. Chiesero a Zeffiro di portarle da lui nel vento. Zeffiro non le alzò nel cielo e loro buttandosi convinte, caddero dal precipizio morendo.
Eros intanto febbricitante e depresso, si rifugiò dalla madre. Venere arrabbiata che il figlio amasse una mortale, per giunta sua rivale. Mise una taglia sulla testa di Psiche, che nel fra tempo, risoluta a riconquistare Eros, lo cercava da tutte le parti. Sapendo della vendetta di Venere, cercò di ingraziarsi altri dei. Alla fine non le rimane che andare direttamente da Venere a chiedere perdono.
Appena arrivò all’olimpo, Venere le urlò contro irata. Le strappò i vestiti strattonandola di brutto. Per quella semplice mortale suo figlio le era andato contro e ora si trovava in un letto a riprendersi dalla ferita da lei causata. Per vendetta la dea le impose una serie di compiti difficili che potrebbero causarle la morte.
1° Prima di sera separare una grande quantità di grano, avena, orzo, fagioli e lenticchie. Psiche si spaventò, ma una formica convocò il suo esercito e la aiutarono.
2° Andare ai margini di un fiume, dove pascolavano pecore dalla lana dorata, selvagge e velenose e portarle un poco di lana di ogni pecora. Psiche, ascoltando i consigli di un giunco, aspettò di attraversare il fiume quando le pecore dormivano e cosi raccogliere la lana rimasta attaccata sui rami senza rischiare di essere aggredita da loro.
3° riempire un’anfora piena dell’acqua scura che sgorgava dalla cima di una montagna il cui guardiano era un drago. La aiutò una grande aquila, che volando basso vicino alla fonte riempì l’anfora.
Irata col successo di Psiche, Venere pianificò un ultimo e fatale compito. Scendere negli inferi e chiedere a Persefone un po’ della sua bellezza, da portarle in una scatola. Psiche comprendendo che la si mandava a morte sicura, si disperò e salì in cima ad una torre, per buttarsi e cosi morendo raggiungere gli inferi. Però la torre mormorò confidandole di una caverna, come passaggio per il regno di Ade. Le insegnò come dribblare i pericoli che lì si incontravano, come passare per il cane Cérbero e le diede una moneta per pagare a Caronte la traversata del fiume Estige, avvertendola: “Quando Persefone ti darà la scatola con la sua bellezza, non guardarci dentro. La bellezza divina è troppa per gli occhi dei mortali.”

Seguendo tutti i consigli, psiche arrivò davanti a Persefone e ricevette da lei la scatola col prezioso tesoro. Durante il ritorno, presa dalla curiosità ci sbirciò dentro. Quel che ne uscì, fu un terribile sonno, che si impossessò di lei come letargo di morte.

I ntanto Eros guarito, volò in soccorso a Psiche. Rimise il sono nella scatola salvandola e mandandola incontro a Venere a finire il compito. Mentre lui implorava a Zeus di calmare l’ira di Venere. Zeus ordinò che Mercurio conducesse Psiche al consiglio degli dei. A lei fu offerta una coppa di ambrosia e divenne immortale.
Allora ci fu la cerimonia del matrimonio di Eros e Psiche. Quando nacque la loro figlia la chiamarono Voluptas (piacere).

1 commento:

Anonimo ha detto...

Wow! Fantastica questa leggenda. Complimenti Mary! Sei G.R.A.N.D.E.!!!!!