lunedì 16 febbraio 2009

RITUALI DA DONNE

Uno dei più conosciuti tarologi al mondo, regista e autore di tante opere, come “sulle vie dei tarocchi”, in conferenze brillanti e bizzarre, spesso consiglia alle donne di intingere le dita nel sangue mestruale, dipingere un quadro e esporlo in modo che tutti i familiari, soprattutto loro stesse vedendolo, tengano presente la loro femminilità. Un rito di psicomagia, frutto di viaggi psichedelici nella maionese dei rituali tribali. Non sarà che Jodorowsky, furbo com’è, s’attacchi ai riti sacri del sangue femminile per fare presa sicura su noi donne? O ti si risveglia l’ancestralità, o ti viene da vomitare. L’indifferenza è esclusa. Intanto io mi chiedo, quanto noi donne moderne e sclerate ci siamo allontanate dalla nostra vera essenza.
Sono madre di due folletti, e garantisco che qualche anno di cacca-pappa-e-nanna, possono prendere la femminilità per i capelli e trascinarla nel dimenticatoio. Mi incuriosiscono il risvegliare-la-dea-in-me e il ripristinare il contatto perduto col proprio corpo.
E se a me servisse un murales?!
In un periodo in cui facevo cose strane, come comprarmi scarpe verdi col tacco. Ho voluto anch'io la mia psicomagia. L’opera che mi facessi vedere femmina e che la vedessero anche gli altri. Cosi ho commissionato due bellissimi seni.
Decisamente radicale. Entrare in sala operatoria col timore, dare il proprio corpo in mano ad altri da anestetizzare, tagliare, infilare corpi estranei, aspirare, cucire… Come essere in una astronave con alieni che potrebbero lavorare sul mio corpo, chiacchierando dei fatti loro e ascoltando musica odiosa (Ah! Questo è stato il cesareo, roba per un'altro post). Invece l'umanissimo dott Pistorale ha lavorato con serietà. Due giorni dopo, con i dolori post operatori e la tigna di non poter muovermi come volevo, arrivò la fase del “Chi me l’ha fatto fare?!” Anche Mosè si sentì dire dal suo popolo: “Accidenti a te! Stavamo meglio quando stavamo peggio”. Io l'ho detto a me stessa. Una volta sola, ma l'ho fatto. A questo punto urge uno svaccamento di sincerità: "Cosa sarà mai dipingere con le dita e sangue mestruale?!"
Nei primi mesi pòs mastoplastica, mi sentivo una Bratz. Poi superato il gonfiore, guardavo i miei discretissimi seni coppa c, morbidi e senza cicatrici, come se le tette avessero le sembianze della dea (C'è chi in un toast vede la Madonna!)
La mia resurrezione avveniva nella mente. Quando avevo le tettone da allattamento sfuggivo dagli sguardi maschili sulla scollatura, nascondendomi disagiata sotto i vestiti. Ora gli stessi sguardi, per me sono la contemplazione di una delle espressione della donna che sono. L’opera è riuscita anche perché l'autore, da me scelto, ha evidenti capacità di sintonia col femminile, oltre che essere un ottimo professionista.

sabato 14 febbraio 2009

LA TEMPERANZA

1952 Coppi e Bartali, grandi rivali nel ciclismo.
Chi passa la bottiglia a chi? Il bisogno della risposta sfuma davanti all’atto stesso. L’eleganza alchemica, immortalata in questo scatto, fa della fotto un cult.
Un angelo passa un liquido da una brocca all’altra senza sforzo, accuratamente e senza versare ne meno una goccia. Potrebbe anche essere che il liquido scorre dal basso al’alto, più tosto che il contrario. E’ conciliare polarità divergenti e stabilità emozionali, senza sprecare energie.
E’ trasformare l’oro in piombo. E’ lasciare fluire naturalmente i pensieri e i fatti, trasmutando le energie inferiori alle superiori, per spandere concordia e benessere a chi ci sta attorno, con solidarietà caratteristica di amore e benevolenza degli individui altruisti. Tutte cose che spesso non vengono a gala per mancanza di opportunità.
E' un privilegio avere uno scambio cosi con un'altra persona. Quando accade, è come se uno aiutassi e giusificassi l'esistenza dell'altro, è l'alchimia che rimane magicamente impressa nella mente e anche solo il ricordo, fa piacere.

giovedì 12 febbraio 2009

MUSEO DEI TAROCCHI

C’é un doppio arcobaleno sul poggio di Riola vecchia, quando sabato scorso, io e una amica arriviamo per “un week-end nella magia del museo dei tarocchi”. Ci riceve Morena nell'atmosfera tranquilla delle mura seicentesche.



In mezzo ai tarocchi, libri, sculture, fotografie, dipinti... I miei occhi si trovano subito pieni di tanta bellezza, attratti da ciò che riesco a comprendere. Per la mia faccia da ebete davanti qualche opera d’arte, ci pensa Morena, con le sue spiegazioni che ti fanno sentite presi per mano in quel ricco percorso artistico e culturale.
A cena, alla Locanda Visconti, fra gnocchi e sangiovese, le nostre chiacchiere sono arricchite dalla esperienza appena vissuta.
Più tarde, al bed & breakfast Zodiaco, sullo stesso caseggiato del museo, ci accoglie il gatto Leo. In una camera calda e confortevole, io solitamente insonne, ho dormito benissimo fino al mattino. Domenica matina, la colazione con Ornella padrona di casa, danzatrice, fotografa, pittrice, astrologa, esperta di gente e fiori di bach, sorriso fantastico e conversazione coinvolgente.
Alle 11,00 ritorniamo al museo, per un seminario personalizzato sui tarocchi con Morena. Un privilegio. La sua impassibilità davanti alle mie tante parole, sono la saggezza della papessa.




Morena ci legge le carte sul suo consumato Wirth, con nonchalance perché alla fine niente è, se non lo percepisce anche il consultante. Fatto sta che ci legge dentro.


Inquadra in me l'eremita, sono una persona solitaria, anche quando in compagnia. Il carro e la torre, da viaggiatrice cronica, con alle spalle mucchi di mattoni crollati dalle tante, troppe cose accuratamente costruite su basi di pasta frolla. Mi spiazza con la luna, nutro timore per la sensitività. Mi dice che chi ama non ferisce. Domanda se mi ascolto quando parlo. Consiglia di seguire il mio intuito, prestare attenzione ai segni e soprattutto ascoltare me stessa, tutte cose da cui puntualmente fuggo. Tutte cose che avevo bisogno di sentire.
Ho avuto in omaggio il mazzo i Tarocchi alla corte di Merlino di Gloria Ricci. Energie positive e parole fondamentali per la mia auto conoscenza.

"La vita è l'arte dell'incontro". Gli incontri fatti a Riola mi hanno fatto felice.

lunedì 9 febbraio 2009

PASSIONE TAROCCHI

Tanto per la serie “non aprite quella porta”. Io che mi definisco scettica e a volte un po’ cinica, ho cercato di sbirciare nell’ignoto.

Tutto incominciò un paio d’anni fa, con strani sogni, in cui poi mi ritrovavo da sveglia. “Il mio cervello è partito”, conclusi. Come cura dormivo con la luce accesa e la bibbia sul comodino (a volte l’ho anche abbracciata). Sono una brasiliana cresciuta nel protestantesimo. Avevo paura, ma sono una donna d’azione, cosi ho deciso di sbirciare dentro all’ignoto, pur rischiando di diventare schizoterica (termine fantasioso che unisce, schizofrenica ed esoterico), chi per sfuggire alla scialba realtà, sprofonda nel baratro qualunquistico mistico-alternativo sorretto da pareidolia (prendere qualsiasi cosa, e crearci sopra una realtà che differe da ciò che è e crederci).
“Cavolo! Sono una donna ragionevole, pratica." Ripetendomi queste parole, ma agendo un po’ da schizoterica, consultai mappa astrale, angeli, gli oracoli della macumba (con cerimonia notturna sulla spiaggia di Ipanema), reincarnazioni varie e finalmente i tarocchi.
Su un mazzo di Crowley, in mezzo a nuvole di incenso, il tarologo leggeva un “film” su di me, ma ad attrarmi di più, fu ciò che da allora divenne per me passione: i tarocchi. Vero colpo di fulmine!
Qualche settimana dopo acquistai i tarocchi dorati del rinascimento. Chiesi responso all’oracolo google e iniziai il mio studio sui tarocchi partendo dall’Arte. Poi segui un corso sulle Ride-Waite, disegnato da Pamela Smith. Tutti quei segni massonici, cabalistici, richiami occultisti e diavoli incavolati, non fanno presa sul mio gusto. Prediligo la pudicità, e lo splendore delle carte rinascimentali, più tosto che il folle multi esoterismo alla Golden Down.
Sempre più affascinata dai concetti filosofici elaborati per immagini, consultai libroni, ho fatto ricerche, corsi, seminari, mangiai tanta cioccolata, scelsi amici-cavie… Le maggiori soddisfazioni ho avuto dagli scettici. Invece quelli che: “Oh si! Mi piacciono molto “queste cose”, mi chiamavano per chiedere alle carte quali scarpe indossare a un appuntamento. Per agire correttamente, non creare dipendenza e non farmi insediare, ripercorsi “sulle vie dei tarocchi” facendo tesoro del fatto che si ha a che fare con pezzi di carta stampata che possono mandare dei messaggi assurdi e di qualcosa della deontologia di Jodorowsky.
I tarocchi, per me, più che oracoli da indovinazione, sono una via di auto consapevolezza. Tramite loro, faccio i conti con i miei sogni, che ora acceto, perche significa accetare me stessa. Indovinare, che è immaginare con esattezza, quando avviene è una conseguenza, ma non è il mio fine.
Nel frattempo ho avuto in regalo qualche mazzo, acquistai qualche altro, ritrovandomi con una piccola collezione. Il mio gusto si è espanso verso la mitologia celtica e il mio cuore ora è rapito dalle Druidcraft.
Ho incontrato i tarocchi con una sbirciatina nell’ignoto e mi hanno insegnato che guardare dentro a me stessa e riprendermi tutte le mie emozioni, le belle e le brutte, è il modo per non trascinarmi dietro le corazze, a battaglie ormai terminate.
La verità? Non posso smettere quando voglio. Sono presa dai tarocchi, per me non più ignoti, come ora sono anch'io un pocchino meno ignota a me stessa.

domenica 1 febbraio 2009

Eros & Psiche amore di coppe

Un re aveva tre figlie. Le due più grandi erano belle, ma la più giovane, Psiche, era cosi affascinante, che cortei di pellegrini la ammiravano. La sua bellezza portava tante lodi, ma ne felicità, ne marito, mentre le sorelle più grandi si erano sposate.
Venere scocciata da tante ammirazioni a fanciulla mortale, ordinò a suo figlio Eros, di pungerla con una delle sue frecce, facendola innamorare del più sfigato degli uomini. Cosi che attorno a Psiche si creassero chiacchiere maligne, piuttosto che tutte quelle lodi.
Eros pero, rimase cosi incantato dalla sua bellezza. Una delle frecce gli cadde sul piede e scattò il colpo di fulmine.
Intanto il padre della ragazza immaritata, preoccupato, si chiese se non avesse offeso i dei. Consultò l’oracolo di Apollo che le ordinò portarla vestita da sposa in cima ad una montagna, dove c’era un feroce drago. La giovane terrorizzata, fu preparata dai parenti al funesto matrimonio.
Al callar del sole Psiche andò verso la montagna seguita dalla folla in corteo. Lì rimase sola e impaurita. Rassegnata dal suo destino si addormentò. L’alito mite di Zeffiro, come una brezza gentile la sollevò, portandola su un prato fiorito in una vallata. Al sorgere del sole Psiche si svegliò sui fiori, accanto a un torrente, sulle cui rive sorgeva un palazzo. Entrando nel palazzo, capì che era la dimora di un dio, tanta era la fastosità dei dettagli. Psiche presa dalla curiosità esplorò la casa e le sale ricolme di tesori. Lì tutti i suoi desideri furono soddisfati da ancelle invisibili, delle quali sentiva soltanto le voci. A ora tarda, si addormentò in una sontuosa camera. Nel cuore della notte, circondata dall’ignoto, un leggero rumore la fece tremare. Una voce amorevole e mani umane la carezzarono dolcemente. Un dolce abraccio la avvolse e lei si lasciò andare all’amante misterioso…
Si svegliò che era già giorno e il suo amante sparito. La stessa cosa successe per diverse notti. Si scambiavano carezze e tante parole, ma lui le proibiva di guardarlo in viso, o non lo avrebbe mai più rivisto.
Intanto, le sue sorelle si erano messe sulle sue tracce, ma il suo uomo misterioso le aveva vietato di rispondere ai loro richiami. Psiche sapendo che tutti le piangevano la morte, sentendosi sola nel suo castello-prigione, implorò all’amante di vedere le sorelle. Lui acconsentì, ma a condizione che, qualsiasi cose le dicessero, lei non provasse mai a scoprire la sua vera identità. Le sorelle furono trasportate da Zeffiro fino al castello.


Davanti a tanta ricchezza, provarono invidia e maliziose, domandarono sulla identità del suo uomo. Psiche cambiò discorso. Fece loro dei doni preziosi e ordinò a Zeffiro che le portasse via.
Eros la avvertì che le sorelle le porterebbero guai. Oltretutto, le annunciò che lei era incinta. Se il segreto si fosse mantenuto il loro figlio sarebbe divino, altrimenti sarebbe mortale. Psiche esultante dalla sua nuova dignità di madre, raccontò alle sorelle di aspettare un bambino di origini divina, però le perfide bagasce, accecate dalla gelosia, insinuarono che il suo amante era un’orribile mostro, che presto avrebbe divorato lei e il bambino. Convinta dalle sorelle, nascose in camera una lampada e un coltello per ammazzarlo, caso fosse un mostro.
Eros dormiva. Psiche le avvicinò la lampada al viso. La sua estrema bellezza la sorprese. Accanto a lui c’erano l’arco e le frecce. Nel prenderne una, si ferì un dito e fu infiammata d’amore per Eros. Le si avvicinò per baciarlo, ma una goccia d’olio bollente cadde dalla lampada sulla spalla di Eros, che si svegliò spaventato e volo fuori dalla finestra urlando “Sciocca Psiche! Cosi che mi ami? Ho contrariato mia madre per stare con te, e tu eri pronta a tagliarmi la testa? Vai dalle tue sorelle, cui consigli tu preferisci ai miei. Non ti impongo castigo, oltre che lasciarti per sempre. L’amore non può convivere col sospetto.”


Psiche si ritrovò da sola. Chiamò inutilmente il suo amore. Intanto il castello sparì attorno a lei. Disperata si buttò nel fiume vicino, ma le acque la portarono gentilmente ai margini, dove Pan le consigliò di provare a riconquistare Eros.
Le sue sorelle sapendo dell’accaduto finsero dispiacere, poi partirono dritte verso la cima della montagna, intenzionate a conquistare Eros. Chiesero a Zeffiro di portarle da lui nel vento. Zeffiro non le alzò nel cielo e loro buttandosi convinte, caddero dal precipizio morendo.
Eros intanto febbricitante e depresso, si rifugiò dalla madre. Venere arrabbiata che il figlio amasse una mortale, per giunta sua rivale. Mise una taglia sulla testa di Psiche, che nel fra tempo, risoluta a riconquistare Eros, lo cercava da tutte le parti. Sapendo della vendetta di Venere, cercò di ingraziarsi altri dei. Alla fine non le rimane che andare direttamente da Venere a chiedere perdono.
Appena arrivò all’olimpo, Venere le urlò contro irata. Le strappò i vestiti strattonandola di brutto. Per quella semplice mortale suo figlio le era andato contro e ora si trovava in un letto a riprendersi dalla ferita da lei causata. Per vendetta la dea le impose una serie di compiti difficili che potrebbero causarle la morte.
1° Prima di sera separare una grande quantità di grano, avena, orzo, fagioli e lenticchie. Psiche si spaventò, ma una formica convocò il suo esercito e la aiutarono.
2° Andare ai margini di un fiume, dove pascolavano pecore dalla lana dorata, selvagge e velenose e portarle un poco di lana di ogni pecora. Psiche, ascoltando i consigli di un giunco, aspettò di attraversare il fiume quando le pecore dormivano e cosi raccogliere la lana rimasta attaccata sui rami senza rischiare di essere aggredita da loro.
3° riempire un’anfora piena dell’acqua scura che sgorgava dalla cima di una montagna il cui guardiano era un drago. La aiutò una grande aquila, che volando basso vicino alla fonte riempì l’anfora.
Irata col successo di Psiche, Venere pianificò un ultimo e fatale compito. Scendere negli inferi e chiedere a Persefone un po’ della sua bellezza, da portarle in una scatola. Psiche comprendendo che la si mandava a morte sicura, si disperò e salì in cima ad una torre, per buttarsi e cosi morendo raggiungere gli inferi. Però la torre mormorò confidandole di una caverna, come passaggio per il regno di Ade. Le insegnò come dribblare i pericoli che lì si incontravano, come passare per il cane Cérbero e le diede una moneta per pagare a Caronte la traversata del fiume Estige, avvertendola: “Quando Persefone ti darà la scatola con la sua bellezza, non guardarci dentro. La bellezza divina è troppa per gli occhi dei mortali.”

Seguendo tutti i consigli, psiche arrivò davanti a Persefone e ricevette da lei la scatola col prezioso tesoro. Durante il ritorno, presa dalla curiosità ci sbirciò dentro. Quel che ne uscì, fu un terribile sonno, che si impossessò di lei come letargo di morte.

I ntanto Eros guarito, volò in soccorso a Psiche. Rimise il sono nella scatola salvandola e mandandola incontro a Venere a finire il compito. Mentre lui implorava a Zeus di calmare l’ira di Venere. Zeus ordinò che Mercurio conducesse Psiche al consiglio degli dei. A lei fu offerta una coppa di ambrosia e divenne immortale.
Allora ci fu la cerimonia del matrimonio di Eros e Psiche. Quando nacque la loro figlia la chiamarono Voluptas (piacere).